Pazienza e preghiera

Pazienza e preghiera

Carissimi PARROCCHIANI,  

il mercoledì delle Ceneri avevo posto in Chiesa un appello, riguardante la situazione attuale che iniziava così: “…mai avrei pensato di arrivare a vivere una situazione come questa: l’emergenza sembrava lontanissima e invece, ora, ci siamo in mezzo. Tutto questo conferma  che ormai nel mondo siamo un’unica grande famiglia, nel bene o nel male, e che non possiamo più dire: “quella cosa lì non mi tocca” o “sono affari loro”  Ora ci dobbiamo attenere alle indicazioni che, per prudenza e prevenzione,  le autorità hanno preso per la nostra sicurezza e, quindi anche le Chiese della nostra Unità Pastorale rimarranno chiuse alle celebrazioni comunitarie, ma aperte per la preghiera personale….”    

   Oggi sento ancora di più il bisogno di esserVi vicino. Stamattina seconda domenica di Quaresima ho detto la mia prima Messa senza Popolo, con la sola presenza di Don Prince, dei Diaconi e dell’Accolito Carlo. Mentre celebravo pensavo hai vostri volti così familiari e conosciuti e che  mi scorrevano davanti come un film ininterrotto.  La chiesa vuota e i banchi deserti  raccoglievano l’eco dello scoraggiamento e dello sconforto, che in momenti come questo ci assale e rischia di indebolire la speranza e la fede. Provvidenzialmente le letture ci hanno posto davanti a due esperienze che sono antitetiche ma che possono aiutarci a rinsaldare speranza e fede: quella di Abramo e quella degli Apostoli sul Tabor.  Sulla seconda è più facile parlare: Pietro  e gli altri due vengono travolti da un attimo di bellezza che ha colmato il loro cuore. I tre Comprenderanno, dopo, che quanto hanno vissuto sul Tabor è stato un toccare l’esperienza autentica ed eterna di amore e di vita; una sosta lungo un itinerario non ancora concluso, un assaggio di Paradiso. Pietro, così sempre concreto e umano vuole fermare quell’attimo (confonde la pausa con il fine)ma il Signore lo invita a scendere dal monte; ci fa capire che l’uomo corre sempre un rischio: il godimento, la comodità, la prosperità ( come dice il salmo) ci trovano sempre pronti ad annullare l’impegno.  Il cristiano  è l’uomo ha bisogno della luce sul monte per saper riaffrontare la discesa e continuare a camminare. E l’aiuto non ci viene dalla visione ma dalla Parola “Ascoltatelo!”. E’ quella parola dice relazione, dice un guardarsi faccia a faccia, dice dialogo e che, anche quando il cammino si fa faticoso ci fa balenare al cuore il sospetto che sotto il velo della opacità, del dolore o della paura che la vita a volte presenta ci sia una luce nascosta da scoprire. E qui ci viene incontro Abramo, che parte dando piena fiducia ad una parola che lo ha invitato ad andarsene, verso il dove non sa. Dice uno scrittore che lasciò la sua ragione terrena e prese con sé la fede; unico riferimento  “una Parola” che gli ha fatto una promessa. Ma per Abramo come per ciascuno di noi la prova decisiva per la fede è IL TEMPO.    Abramo diventa vecchio, le forze gli mancano e pare che Dio si sia dimenticato della promessa; ma non si lamenta, non smette di sognare, non smorza il suo desiderio: custodisce quella Parola e crede. Quando non si aspetta più nulla, quando ci si scontra con l’ impotenza umana allora e solo allora ci si spalanca e ci si arrende all’impossibile.  Questo è il paradosso della fede.

  Ecco questo tempo e questa epidemia mi dicono questo: la paura e l’angoscia che stiamo vivendo ci fanno correre il rischio di ritenere  inutile la preghiera, ma io invece riaffermo che di fronte alla impotenza dell’uomo, l’unica  forza è l’invocazione a Dio perché intervenga come solo Lui sa fare e, ancora una volta “muti il mio lamento in danza”. Più che un castigo, questo virus, può essere letto come un’occasione per rinnovare cuore e vita. Dobbiamo ritrovare la dimensione dialogica della nostra fede e  nella preghiera: ascoltare Lui e alzare a Lui la nostra voce, certi che Dio ci ascolta. Lo ha detto Gesù:  “Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena…” .

   Ci facciamo aiutare da Maria, nostra Madre, che tante volte lungo la storia ci è venuta incontro e anche da San Giuseppe, custode della Santa Famiglia e Padre di Gesù che festeggeremo questo mese.

  Vi abbraccio tutti nel Signore e vi porto ogni giorno davanti a Lui nella preghiera, e chiedo, nella impossibilità di farlo io, vi abbracci uno ad uno e riempia di speranza i vostri cuori e di sorriso i vostri volti.

dongue