CFE
I mutamenti della società di oggi richiedono di ripensare la pastorale e la vita di fede senza perdere il contatto con il territorio.
La gente oggi ha tante possibilità di conoscere la Chiesa (es. dai mass media), ma quando la fede si fa concreta è necessario il legame con il territorio. Parrocchia e Unità Pastorali sono nate e nascono per coniugare Vangelo e territorio; nascono perché c’è una necessità di evangelizzare in stretto legame con la vita quotidiana della gente. Se cambiano i credenti, se cambia la società, allora deve cambiare il modo di fare pastorale.
Ma com’è che stanno cambiando i credenti?
Al di là delle singole esperienze e specificità, tutte queste sono persone che ci chiedono un INCONTRO, ma spesso non dentro le normali vie della pastorale ordinaria. Spesso fanno fatica ad entrare e sentirsi parte della comunità. Da parte nostra è richiesta quindi una risposta fatta di ACCOMPAGNAMENTO PERSONALIZZATO, ascolto, ascolto della parola, incontro, preghiera guidata. Quindi, rispetto a quella tradizionale, ci è richiesta una presenza nel territorio più articolata.
I nuovi venuti vengono con dei bisogni (es. richiesta del sacramento). Questi bisogni richiedono di essere trasformati in una possibilità/occasione per ricominciare un cammino di fede. Per fare questi percorsi più personalizzati e vicini alle persone occorre che il baricentro della cura delle anime si sposti un po’ dal parroco alla COMUNITA’ (questa tra l’altro è l’intenzione del Concilio Vaticano II). Occorrono quindi quelle “famose” figure ministeriali, corresponsabili col parroco della vita pastorale nei vari ambiti: carità, liturgia, pastorale giovanile, oratorio, accompagnamento vita matrimoniale.
Questi laici CORRESPONSABILI dovranno essere in forte comunione con la comunità e con il parroco e, in certi casi, dovranno avere anche un mandato ecclesiale in qualche ambito. Per trovare queste figure non occorrono solo dei corsi di formazione, come per avere una qualifica, ma occorre più che altro irrorare il terreno di Parola, Liturgia e Carità (prima di tutto dobbiamo annunciare il Vangelo).
In quest’ottica, nel tentativo di annunciare e portare il Vangelo in modo più efficace e più vicino al quotidiano delle persone, nel prossimo anno pastorale inizieremo a sperimentare nuove vie; in particolare quelle delle CFE (Comunità Familiari di Evangelizzazione) e un progetto di catechesi più catecumenale e meno scolastico, che favorisca un pieno inserimento dei bambini e delle loro famiglie nella vita della comunità.
L’idea delle CFE nasce da due presupposti fondamentali:
- la vera identità del cristiano è quella di stare con Gesù per poi annunciarlo. «Li chiamò perché stessero con Lui […] e per mandarli a predicare» (Mc 3,13-15);
- il dono sacramentale del matrimonio abilita gli sposi cristiani a trasformare in una vera e propria “chiesa domestica” l’insieme delle persone che il magistero chiama la “comunità familiare”.
Il progetto delle CFE nella nostra Unità Pastorale intende formare ed abilitare coppie di sposi a fare sì che la Chiesa, attraverso di loro, possa essere più vicina alla comunità e raggiungere anche quelle persone che si trovano più ai margini e che possono trovare interlocutori più prossimi alle loro esigenze perché vivono ogni giorno le stesse problematiche nel gestire i figli, nell’affrontare i problemi sul lavoro, la malattia, la vita di fede. Ogni coppia/famiglia può diventare un centro vitale di relazioni umane stabili e può accogliere persone di diverse età e differenti stati di vita (sposati, separati, divorziati, singoli, consacrati, ecc.) a cui la coppia può donare la propria fede per sperimentare insieme quanto è bello incontrare il Signore e vivere nel suo amore.
La CFE si riunirebbe settimanalmente nella casa della coppia di sposi che ne costituisce il punto di riferimento. Insieme costituiscono “La Chiesa che si riunisce nella loro casa” (Rm 16,5) per lodare il Signore, ascoltare la sua Parola e vivere rapporti di fraternità e di amicizia, ma soprattutto per evangelizzare.
Sarebbe auspicabile che a questo progetto aderisse il maggior numero di famiglie possibili, ma crediamo che non sia così importante il numero quanto piuttosto il mettersi in umiltà al seguito di Gesù, il desiderio di farlo conoscere agli altri, il cominciare a seminare con fiducia e per il resto lasciare fare al Signore.
Sarebbe anche bello che partecipassero famiglie che al momento non sono impegnate in parrocchia, per rendere ancora più ricco l’annuncio del Vangelo nella logica dell’apertura e della pluralità delle voci, e come incoraggiamento a chi nutre timori ricordiamo che anche i discepoli, pur essendo poveri pescatori, con l’aiuto dello Spirito Santo hanno saputo portare la buona novella a tutte le genti.